Interessi moratori: la Cassazione stravolge il sistema di calcolo dell’usurarietà dei tassi

Con ordinanza n. 27442/2018 pubblicata il 30.10.2018 la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione é tornata sul tema del sistema di calcolo dell’usurarietà dei tassi con rfierimento agli interessi moratori.

Clicca qui di seguito per vederla nella sua interezza: Ord Cass 27442 – 2018

Si trattava del caso in cui una società convenne in giudizio una Banca assumendo che il tasso di mora  superava il tasso soglia (senza specificare se tale superamento era già al momento della pattuizione ovvero in momento successivo) e, di conseguenza, il relativo patto era nullo con conseguente gratuità del finanziamento (si trattava di un leasing) ex art. 1815  c.c..

La Banca eccepì che il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari (art 644, terzo comma,  cp.)  ovvero il tasso soglia non fosse applicabile agli interessi moratori.

Il Tribunale di Milano rigettò la domanda.

Seguì l’appello e la Corte di appello rigettò il gravame: di qui il ricorso in Cassazione.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dall’art. 2, comma 4, L. 108/1996, vanno qualificati ipso iure come usurari. Secondo la Sezione la norma di cui all’art. 2, comma, citato riguarda sia gli interessi convenzionali (art 1282 cc) che quelli moratori (art 1224 cc): tale risultato ermeneutico scaturirebbe da un’interpretazione letterale, sistematica, finalistica  e storica. La Corte quindi esamina la fattispecie seguendo tali criteri ermeneutici.

Dopo tale analisi, che richiama anche principi del diritto romano, la Corte trae delle conseguenze: non vi sarebbe una diversità strutturale tra i due tipi di interessi e, comunque, a prescindere dalla presunta diversità ontologica che alcuni affermano, gli interessi moratori non sfuggono alla regola di cui alla L. 108/1996.

Secondo la Sezione le norme che comminano la nullità degli interessi convenzionali moratori eccedenti la soglia ci sono e sono rappresentate dall’art. 2 L. 108/1996, dall’art. 1 D.L. 394/2000 e dall’art. 644 c.p..

Non ha  rilevanza secondo la Corte il fatto che le rilevazioni trimestrali fatte dal Ministero dell’Economia non riguarderebbero gli interessi di mora; il mancato obbligo di rilevazione del saggio di interesse di mora medio non giustifica la scelta di escludere gli interessi moratori dall’applicazione della Legge 108/1996.

La Corte poi smonta l’assunto della sentenza impgunata secondo cui sarebbe irrazionale ritenere ususrari interessi moratori concordati nella misura dell’8,6% laddove in quel tempo l’art. 5 del D.Lvo 231/2002 prevedeva un saggio di mora del 9,25%.

Dopo tale dotte argomentazioni ci si sarebbe aspettati che la Corte si fosse soffermata, con altrettanta dovizia di particolari e di attenzione critica, sul metodo di calcolo della soglia – usura per gli interessi moratori; invece semplicemente la Corte si limita a affermare che la soglia per calcolare l’usura in base alla L. 108/1996 valga anche per gli interessi moratori

Tale conclusione equivarebbe a dire che quella soglia da oggi in poi varebbe, nella pratica, non più per gli interessi corrispettivi, ma solo per gli interessi moratori laddove é evidente che in nessun contratto bancario non si trova la previsione di tasso moratorio diverso e più alto di quello corrispettivo.

Infine la Corte da due indicazioni per cosi dire “operative”:

1) non va più seguita la regola giurisprudenziale della fissazione di un tasso soglia usura diverso dal tasso soglia per gli interessi corrispettivi (il riferimento implicito é al meccanismo della maggiorazione di 2,1 punti introdotto da Bankitalia);

2) l’usurarietà degli interessi di mora non comporta l’applicazione dell’art. 1815 , comma 2, c.c.. Su questo punto la decisione é estremamente laconica; da un canto si afferma che il giudice di rinvio non la dovrà riesaminare essendosi formato un giudicato interno, poi però ne tratta ugualmente come a voler dare un’indicazione operativa per la prassi bancaria.  In questa ottica afferma che la norma di cui all’art. 1815, comma 2, c.c. si riferisce solo agli interessi corrispettivi e non anche agli interessi convenzionali moratori e poi conclude affermando: “il che rende ragionevole, in presenza di interessi moratori convenzionali usurari, difronte alla nullità della clausola, attribuire secondo le norme generali al danneggiato gli interessi al tasso legale”.

Quest’ultima frase lascia estremamente perplessi: se la Corte ritiene inapplicabile l’art. 1815, comma 2, c.c. alla clausola che stabilisca interessi convenzionali di mora usurari avrebbe dovuto ritenere che restava valida la clausola che disciplinava gli interessi corrispettivi e, quindi, affermare che a fronte della nullità della clausola degli interessi moratori convenzionali per usurarietà, si dovesse comunque applicare il saggio corripettivo pattuito (e non già gli interessi legali che come sappiamo sno di misura irrisoria).

Sicuramente questo passaggio “incompleto” della decisione causerà un notevole contenzioso  facendo balenare l’idea (errata) che difronte a interessi moratori usurari non é dovuto alcun tipo di interesse.

Sarà interessante valutare gli effetti della sentenza anche sotto un profilo socio economico perché, se l’orientamento si dovesse stabilizzare (ma la differente posizione della Prima Sezione Civile della Corte sicuramente porterà ad una decisione delle Sezioni Unite),  la concessione del credito da parte degli Istituti bancari diverrebbe molto più problematica.

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