Il reato di cui all’art. 615 ter c.p..Vietato spiare i dati sensibili altrui introducendosi abusivamente in un sistema telematico.

L’art. 615 ter c.p. prevede che: “Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni”.

La Quinta sezione penale della Corte di cassazione ha affermato che il reato previsto dall’art. 615-ter cod. pen., configura un reato di pericolo che si concretizza ogniqualvolta l’ingresso abusivo riguardi un sistema informatico in cui sono contenute notizie riservate, indipendentemente dal tipo di notizia eventualmente appresa.

Trattasi della sentenza n. 8541 del 2019 (ud. 09/11/2018 – deposito del 27/02/2019).

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Trattavasi del caso di un militare che si introduce in sistema informatico di cui ha la password per verificare i dati reddituali della moglie con cui aveva in corso una causa di separazione.

In appello l’imputato non ebbe a contestare l’ingresso da parte sua nel sistema informatico “Serpico” e sollevò censure unicamente con riguardo alla qualificazione del fatto, rifacendosi alla giurisprudenza che reputava irrilevante, dal punto di vista penale, lo scopo eventualmente perseguito dall’agente (quella giurisprudenza assegnava rilevanza ai limiti posti dall’amministratore del sistema). Ora va rilevato che, nel frattempo, è intervenuta pronuncia delle Sezioni Unite della Corte, la quale ha chiarito che integra il delitto previsto dall’art. 615-ter, secondo comma, n. 1, cod. pen. la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso gli è attribuita (n. 41210 del 18/5/2017, rv 271061). Trattasi, all’evidenza, proprio della situazione ricorrente nella specie, dal momento che, indipendentemente dai limiti “formali” posti dall’amministratore, il ricorrente sì introdusse nel sistema “Serpico” allo scopo di trarne elementi utili alla causa civile in corso, e, quindi, per ragioni ontologicamente diverse da quelle per cui il potere gli era stato conferito. E poiché lo scopo della norma è quello di inibire “ingressi abusivi” nel sistema informatico, non assume rilievo ciò che l’agente ebbe a carpire indebitamente (se notizie riservate o altrimenti recuperabili), ma l’ingresso stesso, non sorretto da ragioni collegate al servizio (pubblico o privato) svolto. La norma in questione configura, infatti, un reato di pericolo, che si concretizza ogniqualvolta l’ingresso abusivo riguardi un sistema informatico in cui sono contenute notizie riservate, indipendentemente dal tipo di notizia eventualmente appresa. E non c’è dubbio che il sistema “Serpico” contenga notizie della più varia natura, tra cui anche notizie e dati destinati a rimanere segreti o riservati.

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