Annullamento in autotutela di concessione edilizia e onere di motivazione.


La Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha esaminato la questione della necessità di una congrua motivazione del provvedimento con cui in autotutela viene annullata una concessione edilizia a distanza di anni dal suo rilascio.

Con ordinanza del 19 aprile 2017 n. 1830 la Sezione ha chiarito che sulla questione si sono formati due contrapposti orientamenti.

Un primo, più recente orientamento (Cons. St., sez. VI, 27 gennaio 2017, n. 341), con riferimento ad un provvedimento di annullamento in autotutela di una concessione in sanatoria, e rispetto alla formulazione dell’art. 21 nonies, l. n. 241 del 1990, nel testo modificato dalla l. n. 15 del 2005, ha affermato che il potere di annullamento ha un presupposto rigido (l’illegittimità dell’atto da annullare) e due presupposti riferiti a concetti indeterminati, affidati all’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione (la ragionevolezza del termine di adozione dell’atto; la sussistenza dell’interesse pubblico alla sua rimozione unitamente alla considerazione dell’interesse dei destinatari). Ha quindi ritenuto necessaria una motivazione in ordine all’apprezzamento degli interessi dei destinatari dell’atto in relazione alla pregnanza e preminenza dell’interesse pubblico alla eliminazione d’ufficio di un titolo illegittimo; tanto più, in presenza di un provvedimento, come quello in materia edilizia, destinato ad esaurirsi con l’adozione dell’atto permissivo, dove assume maggiore rilevanza l’interesse dei privati destinatari dell’atto ampliativo e minore rilevanza quello pubblico all’eliminazione di effetti che si sono prodotti in via definitiva. Con l’ulteriore corollario che l’interesse pubblico alla rimozione attuale dell’atto non può coincidere con l’esigenza del mero ripristino della legalità violata e deve essere integrato da ragioni differenti.

L’orientamento maggioritario ha invece affermato che il provvedimento di annullamento di una concessione edilizia illegittima è in re ipsa correlato alla necessità di curare l’interesse pubblico concreto ed attuale al ripristino della legalità violata, atteso che il rilascio del titolo edilizio comporta la sussistenza di una permanente situazione contra legem e di conseguenza ingenera nell’amministrazione il potere-dovere di annullare in ogni tempo la concessione illegittimamente assentita (Cons. St., sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3660; id., sez. V, 8 novembre 2012, n. 5691). Ciò soprattutto quando l’illegittimità è dipesa dalle prospettazioni non veritiere del privato. La motivazione sulla comparazione degli interessi è stata ritenuta necessaria quando l’esercizio dell’autotutela discenda da errori di valutazione dovuti all’amministrazione (n. 5691 del 2012 cit.). In particolare, in fattispecie nelle quali era applicabile il 21 nonies, cit. si è ritenuto che, se è stata rappresentata una situazione dei luoghi difforme da quanto in realtà esistente e tale difformità costituisce un vizio di legittimità del titolo edilizio, determinato dallo stesso soggetto richiedente, tale circostanza costituisce ex se ragione idonea e sufficiente per l’adozione del provvedimento di annullamento di ufficio del titolo medesimo, tanto che in tale situazione si può prescindere, ai fini dell’autotutela, dal contemperamento con un interesse pubblico attuale e concreto.

Di fronte a tali contrastanti filoni interpretativi Cons. St., sez. IV, ord., 19 aprile 2017, n. 1830 ha stabilito che:
“Deve essere rimessa all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, stante il contrasto giurisprudenziale formatosi sul punto, la questione se, nella vigenza dell’art. 21 nonies, l. 7 agosto 1990, n. 241, come introdotto dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, l’annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo, sub specie di concessione in sanatoria, intervenuta ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, debba o meno essere motivata in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico valutato in concreto in correlazione ai contrapposti interessi dei privati destinatari del provvedimento ampliativo e agli eventuali interessi dei controinteressati, indipendentemente dalla circostanza che il comportamento dei privati possa aver determinato o reso possibile il provvedimento illegittimo, anche in considerazione della valenza – sia pure solo a fini interpretativi – dell’ulteriore novella apportata al citato articolo, la quale appare richiedere tale valutazione comparativa anche per il provvedimento emesso nel termine di 18 mesi, individuato come ragionevole, e appare consentire un legittimo provvedimento di annullamento successivo solo nel caso di false rappresentazioni accertate con sentenza penale passata in giudicato”.
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