La contestazione della titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio é mera difesa o eccezione in senso tecnico?

giustizia 444La contestazione della titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio é mera difesa o eccezione in senso tecnico?
La Terza Sezione Cvile  della Corte di Cassazione si é posto l’interrogativo di cui sopra e, rilevando un contrasto di orientamenti sul punto, con ordinanza interlocutoria n. 2977 del 12.2.2015 ha rimesso la questione al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

La Corte prima richiama l’orientamento da ultimo espresso da Cass. Civ. Sez. 3° 10.7.2014 n. 15759 per la quale  “La titolarità attiva o passiva del rapporto controverso, la cui carenza, a differenza di quella concernente la “legittimatio ad causam”, non è rilevabile d’ufficio, costituisce un requisito di fondatezza della domanda e non una eccezione ad essa, sicché il convenuto che la contesta esercita una mera difesa, senza essere onerato della prova di quanto afferma. Ne consegue che l’attore, in quanto soggetto agli ordinari criteri sull’onere probatorio, ex art. 2697 cod. civ., è esonerato dalla dimostrazione della titolarità del rapporto solo quando il convenuto ne faccia espresso riconoscimento o la sua difesa sia incompatibile con il disconoscimento, in applicazione del principio secondo cui “non egent probatione” i fatti pacifici o incontroversi“. Peraltro trattasi di principio già espresso da Cass. Civ. Sez. III 5.11.1997 n. 10843 e, in parte,  Cass. Civ. Sez. II 19.7.2011 n. 15832.
L’opposto e maggioritario  orientamento già espresso da Cass. Civ. Sez. II 27.6.2011 n. 14177, Cass. Civ. Sez. II 10.5.12010 n. 11284, Cass. Civ. 15.9.2008 n. 23670, Cass. Civ. 26.9.2006 n. 20819, Cass. Civ. 7.12.2000 n. 15537 é nel senso che “La legittimazione ad agire costituisce una condizione dell’azione diretta all’ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall’azione, prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa che si riferisce al merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza. Ne consegue che, a differenza della legitimatio ad causam (il cui eventuale difetto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio), intesa come il diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una decisione di merito, favorevole o sfavorevole, l’eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio, attenendo al merito, non è rilevabile d’ufficio, ma è affidata alla disponibilità delle parti e, dunque, deve essere tempestivamente formulata. (Nella specie, la S.C. ha escluso che potesse rilevare come questione di legittimazione ad causam la deduzione, mai effettuata in precedenza dal ricorrente nel corso del giudizio di divisione, dell’avvenuta cessione della quota indivisa dei beni ereditari, da farsi valere, invece, nei tempi e nei modi previsti per le eccezioni di parte)”.
Alla luce di detti contrastanti orientamenti la decisione della Terza Sezione di rimettere la questione al Primo presidente affinché la sottoponga al vaglio delle  Sezioni Unite.
Ecco il link per scarica il testo della motivazione tratto dal sito www.cortecassazione.it

Cass. Civ. Sez. III 12.2.2015 n. 2977 ord

 

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