Inammissbile il ricorso per Cassazione troppo lungo

sentenza 2Con sentenza n. 20589 del 2014 pubblicata il 30 settembre scorso la Corte di Cassazione – Sezione lavoro ha dichiarato inammissibile un ricorso eccessivamente lungo, di oltre cento pagine, ottenuto con il copia ed incolla degli atti processuali dei precedenti gradi e lasciando alle sole dodici ultime pagine l’esposizione dei motivi di ricorso.

Secondo la Suprema Corte il ricorso risulta ictu oculi redatto senza il rispetto dei seguenti principi, affermati dalla giurisprudenza di questa Corte e condivisi dal Collegio:

a) il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. 29 agosto 2011, n. 17739; Cass. 30 marzo 2007, n. 7891; Cass. 5 aprile 2006, n. 7882; Cass. 18 marzo 2002, n. 3941; Cass. 7 novembre 2013, n. 25044);
b) d’altra parte, il rispetto del canone della chiarezza e della sinteticità espositiva  rappresenta l’adempimento di un preciso dovere processuale il cui mancato rispetto, da parte del ricorrente per cassazione, lo espone al rischio di una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione (Cass. 22 giugno 2006, n. 19100), principalmente in quanto esso collide con l’obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo costituito dalla tendente finalizzazione ad una decisione di merito,al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. e in coerenza con l’art. 6 CEDU, nonché di evitare di gravare sia lo Stato sia le parti di oneri processuali superflui (arg. ex Cass. 4 luglio 2012, n. 11199; Cass. 30 aprile  2014, n. 9488);
c) ne deriva che in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698);
d) in particolare, in materia di ricorso per cassazione, la pedissequa riproduzione di atti processuali e documenti, ove si assuma che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o li abbia mal interpretati, non soddisfa il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto costituisce onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un’attività, consistente nella lettura integrale degli atti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione, che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente e, quindi, del suo difensore (Cass. 2 maggio 2013, n. 10244; Cass. 9 luglio 2013, n. 17002); Cass. 21 novembre 2013, n. 26277)

Ecco il link per scaricare la sentenza

Corte di Cassazione Sezione lavoro n. 20589 del 2014

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