Estensione del contraddittorio in appello ai controinteressati pretermessi in primo grado

Dal sito della giustizia amministrativa

Estensione del contraddittorio in appello ai controinteressati pretermessi in primo grado

Cons. St., sez. III, ord., 26 ottobre 2021, n. 7172 – Pres. (ff.) Pescatore, Est. Ferrari

    Processo amministrativo – Appello – Estensione del contraddittorio – Ai controinteressati pretermessi in primo grado – Possibilità – Condizione. 
     

        Per economia processuale è possibile integrare il contraddittorio in appello nel caso in cui i controinteressati pretermessi non avrebbero potuto ottenere in primo grado, con la reiezione del ricorso, un esito diverso e più soddisfacente della loro sfera giuridica (1). 

     

    (1) La Sezione ha affermato di condividere pienamente gli arresti dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (30 luglio 2018, nn. 10 e 11; 5 settembre 2018, n. 14; 28 settembre 2018, n. 15) secondo cui l’esigenza di evitare inutili e defatiganti allungamenti dei tempi del processo (oggi ancor più rilevante alla luce dell’avvenuta costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo) assume un ruolo centrale per evitare interpretazioni dell’art. 105 c.p.a. non consentite dalla sua puntuale portata letterale. “L’enfatico e suggestivo richiamo al doppio grado del giudizio, anche in chiave costituzionale, non risolve, quindi, il problema del rapporto tra la decisione del primo giudice e quella del secondo giudice. Questo rapporto deve trovare soluzione solo in una rigorosa e tassativa analisi dell’art. 105 c.p.a. e delle altre disposizioni, sopra richiamate, in materia di appello. Proprio l’esegesi puntuale dell’art. 105 non consente di includere tra i casi di annullamento con rinvio l’ipotesi oggetto dell’ordinanza di rimessione, in cui il giudice di primo grado abbia erroneamente dichiarato il ricorso inammissibile (ed identiche considerazioni valgono con riferimento all’erronea dichiarazione di irricevibile e di improcedibilità)”. 
    E’ proprio la richiamata esigenza di economicità del giudizio – peraltro particolarmente avvertita nelle controversie, come quelle in materia di accesso, nelle quali è stato il legislatore a ritenere ancora più necessaria la rapida definizione della causa – che induce, nel caso in esame, a ritenere possibile integrare il contraddittorio nella fase di appello, senza rimandare, annullando la sentenza, di nuovo la questione al Tar. 
    Ed infatti, ancora richiamando l’insegnamento dell’Adunanza plenaria, la “mancanza del contraddittorio” è così essenzialmente riconducibile all’ipotesi in cui doveva essere integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa una parte: il vizio è, quindi, genetico, nel senso che a causa della mancata integrazione del contraddittorio o della erronea estromissione, una o più parti vengono in radice e sin dall’inizio private della possibilità di partecipare al giudizio-procedimento. 
    Peraltro, in applicazione del principio della ragione più liquida, l’art. 49, comma 2, c.p.a. consente al giudice di pronunciare anche a contraddittorio non integro quando il ricorso risulti manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato. È evidente in tale previsione la ratio di economia processuale che consente di prescindere da incombenti inutili (l’integrazione del contraddittorio o il rinvio al primo giudice affinché disponga l’integrazione del contraddittorio) quando le risultanze già acquisite consentono di definire il giudizio in senso sfavorevole per la parte ricorrente (Cons. Stato, ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5; id., sez. IV, 1 giugno 2016, n. 2316).
    Ed invero, opinare diversamente – e cioè ritenere che la mancata integrazione del contraddittorio in primo grado, nel caso in cui il ricorso sia respinto (o dichiarato irricevibile, inammissibile, improcedibile), comporti in ogni caso l’annullamento con rinvio – finirebbe per vanificare la portata acceleratoria del comma 2 dell’art. 49 perché il giudice di primo grado sarebbe portato, prudenzialmente, a disporre sempre l’evocazione in giudizio di tutte le parti, anche se ritenga di dover respingere il ricorso, per evitare il rinvio della causa da parte del giudice di appello. 
    Giova aggiungere – ed il rilievo assume carattere assorbente di ogni altra considerazione – che se è vero che, nel caso all’esame del Collegio, ai controinteressati pretermessi sarebbe stato tolto un grado di giudizio, è altresì certo che il primo grado si è concluso con una pronuncia favorevole agli stessi, cosicché nessun ulteriore apporto avrebbero potuto portare. 
    Corollario di tale premessa è che non è configurabile una lesione del diritto di difesa nel caso in cui la causa sia stata definita con una sentenza del tutto conforme alla posizione giuridica della parte non evocata, che non risulta pertanto lesa dalla decisione del Tar. A conclusione diversa si deve pervenire, invece, nel caso in cui la sentenza contenga, anche nella motivazione, spunti che possano essere pregiudizievoli alla parte alla quale non è stato consentito di costituirsi in giudizio. 
    Privilegiando una lettura rigida del principio del doppio grado del giudizio, si onererebbe la parte vittoriosa a tornare avanti al primo giudice, a seguito dell’annullamento con rinvio, per ottenere auspicabilmente una decisione di identico tenore, il tutto in grave spregio del principio di economicità dei mezzi processuali e di ragionevole durata del processo (Corte cost. 12 marzo 2007, n. 77).  

Share

Permalink link a questo articolo: https://www.studiodipietro.it/estensione-del-contraddittorio-in-appello-ai-controinteressati-pretermessi-in-primo-grado/