Esame da avvocato: legittima la motivazione attraverso il punteggio numerico

DAL SITO DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

L’Adunanza plenaria ribadisce che il punteggio numerico definisce legittimamente l’ambito della motivazione dell’insufficienza all’esame per la c.d. abilitazione forense

Cons. St., A.P., 20 settembre 2017, n. 7 – Pres. Pajno, Est. Taormina

Avvocato – Esami – Prova scritta espletata nelle more dell’entrata in vigore della riforma dell’esame di abilitazione – Motivazione – Voto numerico – Sufficienza.

 

        La norma transitoria di cui all’art. 49, l. 31 dicembre 2012, n. 247 – che rinvia l’entrata in vigore della riforma dell’esame di abilitazione –  esclude in modo non irragionevole l’immeditata applicabilità dell’art. 46, comma 5, della stessa legge, secondo cui “La commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti” (1).

Nella vigenza dell’art. 49, l. n. 247 del 2012 i provvedimenti della commissione esaminatrice degli aspiranti avvocati, che rilevano l’inidoneità delle prove scritte e non li ammettono all’esame orale, vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione (2).


(1 – 2) I.- Con la sentenza in rassegna l’Adunanza Plenaria affronta la questione della sufficienza del voto numerico nella valutazione degli elaborati scritti per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato nelle more dell’entrata in vigore della riforma approvata con legge 31 dicembre 2012, n. 247.
Le questioni sulle quali si è pronunciata l’Adunanza plenaria erano state deferite dal C.g.a. con ordinanza 2 maggio 2017, n. 206 (oggetto della News US del 5 maggio 2017, cui si rinvia per ogni approfondimento di dottrina e giurisprudenza), al fine di chiarire se la disciplina transitoria che differisce l’entrata in vigore della riforma dell’esame di abilitazione comprenda, nel rinvio, anche la innovativa previsione di cui all’art. 46 comma 5, l. n. 247 del 2012, secondo cui “La commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti”. Al contempo il C.g.a., all’esito di una puntuale ricognizione della problematica, ha chiesto alla Plenaria di statuire se il voto numerico possa ritenersi sufficiente ed adeguato al fine di esprimere il giudizio tecnico discrezionale proprio della commissione.

 

II.- La questione è sorta nell’ambito di un giudizio di appello proposto per la riforma di una sentenza di primo grado che aveva accolto l’originario ricorso avverso l’esito negativo di tutte e tre le prove scritte (per un punteggio totale pari a 83, inadeguato rispetto al minimo previsto per l’ammissione alla prova orale, pari a 90, secondo le norme ratione temporis vigenti).
La sentenza di primo grado aveva fondato l’accoglimento sul principio per cui il voto numerico deve essere sempre accompagnato da una espressione lessicale che, quanto meno, anche sinteticamente, consenta di cogliere quali siano gli aspetti critici e/o deficitari individuati in sede di correzione dell’elaborato, in relazione ai parametri di valutazione predeterminati.
In sede di appello, la difesa erariale contestava la sentenza invocando la granitica giurisprudenza che reputa assolto l’onere motivazionale con l’indicazione del solo voto numerico.

 

III.- L’Adunanza Plenaria si pronuncia dando continuità all’indirizzo interpretativo maggioritario, osservando che:
a) il tenore letterale della norma transitoria di cui all’art. 49 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 esclude l’immeditata applicabilità dell’art. 46, comma 5, della stessa legge (a mente del quale “la commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma de i voti espressi dai singoli componenti”) ed esclude che a tale disposizione possa riconoscersi portata generale, come tale immediatamente applicabile (cfr. in termini tra le tante Cons. Stato, Sez. IV, 30 settembre 2016, n. 4040 citata in motivazione);
b) con riferimento agli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense e nella vigenza dell’art. 49 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 il voto numerico deve ritenersi idoneo a comunicare agli aspiranti esclusi le valutazioni svolte dalla commissione, secondo quanto espresso dalla pressoché univoca giurisprudenza amministrativa e dalla stessa giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza 30 gennaio 2009 n. 20, in Foro it., 2009, I, 964; Giur. cost., 2009, 142 con nota di DEL CANTO; e sentenza 8 giugno 2011, n. 175 in Foro it., 2011, I, 2232; Giur. Cost. 2011, 3, 2266 con nota di SCOCA);
c) in via generale la sufficienza del voto numerico è stata predicata in materia di concorsi pubblici, con il solo limite della contraddizione manifesta tra specifici elementi di fatto obiettivi, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto e con la precisazione che nella sola ipotesi in cui mancano criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, si può ritenere illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica (in motivazione si citano tra le tante Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2015, n. 5639, ed in passato Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2011, n. 913 e Cons. Stato., sez. VI, 10 settembre 2009 n. 5447);
d) non può condividersi la tesi prospettata dall’ordinanza di rimessione per cui la disciplina ante vigente e quella attualmente in vigore contenuta nella legge 31 dicembre 2012 n. 247 sarebbero per larghi profili identiche, se non sovrapponibili, al fine di inferirne la immediata applicabilità dell’art. 46, comma 5, ciò in quanto v’è una molteplicità di profili innovativi introdotti dalla novella (il numero di materie oggetto dell’esame orale e la modalità della scelta delle medesime da parte dei candidati, la durata della prova scritta, il punteggio minimo necessario per ottenere l’ammissione all’esame orale, e l’obbligo incombente sulle Commissioni di “annotare le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti”) che giustificano il differimento della loro entrata in vigore, ivi compreso quello relativo alle modalità di espressione da parte della Commissione della valutazione degli elaborati scritti  di cui all’art. 46, comma 5;
e) la scelta del legislatore di prevedere un regime transitorio non può ritenersi irragionevole nella misura in cui alcun vulnus si produce nella sfera giuridica di taluno dei destinatari della norma di legge, ovvero vengano a determinarsi effetti distorsivi di qualsivoglia natura;
f) la sola circostanza per cui nell’ambito della propria piena discrezionalità il Legislatore abbia ritenuto di innovare il sistema previgente attraverso la prescrizione di cui all’articolo 46 comma 5 della legge 31 dicembre 2012 n. 247, non vale a connotare di illegittimità la previgente disciplina che è conforme al tradizione orientamento della giurisprudenza, né può condurre a sospetti di incostituzionalità in ordine alla scelta legislativa di prevedere una norma transitoria che differisca l’entrata in vigore della disciplina innovativa, stante la circostanza che quella previgente (la cui portata applicativa è stata appunto temporalmente “prorogata”) è stata a più riprese ritenuta costituzionalmente legittima;
g) la richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 2011 ha chiarito che “la disciplina degli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense non rientra nel campo di applicazione del diritto comunitario” sicché l’entrata in vigore, dal 1° dicembre 2009, del Trattato di Lisbona, ratificato con l. n. 130 del 2008, recante l’espressa equiparazione della Carta di Nizza al «valore giuridico dei Trattati» (art. 6 c. 1 Trattato UE), che ha elevato l’obbligo di motivazione a principio comunitario, quale parte integrante del «diritto ad una buona amministrazione» garantito dall’art. 41 comma 2 della suddetta Carta, non spiega refluenza nella presente controversia; sul punto in questione si segnala anche:

 

IV) Corte giust. UE, 21 dicembre 2011, C- 482/10, in Giur. it., 2012, 1677 (m), con nota di CIVITARESE, secondo cui <<La decisione di rinvio del giudice a quo e la l. italiana n. 241/1990 non apportano indicazioni sufficientemente precise dalle quali potrebbe dedursi che, richiamandosi l’art. 1 l. n. 241/1990 ai principi del diritto dell’Unione, il legislatore nazionale abbia inteso, con riferimento all’obbligo di motivazione, realizzare un rinvio al contenuto delle disposizioni degli art. 296, 2º comma, tfue e 41 n. 2 lett. c) della carta o ancora ad altre disposizioni del diritto dell’Unione inerenti all’obbligo di motivazione dei provvedimenti, al fine di applicare un trattamento identico alle situazioni interne e a quelle disciplinate dal diritto dell’Unione; non si può dunque ritenere che sussista un interesse certo dell’Unione a che sia preservata l’uniformità di interpretazione di dette disposizioni; la corte non è perciò competente a risolvere le questioni proposte dalla corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione siciliana, in considerazione dell’oggetto di tali questioni>> (seguendo la medesima traiettoria argomentativa Corte giust. UE  17 febbraio 2005, C-250/03, in Cons. Stato, 2005, II, 354, con nota di ANTONUCCI; Guida al dir.,2005, fasc. 11, 109, con nota di CASTELLANETA, ha ritenuto che <<La presenza di componenti in una commissione di esame per l’abilitazione all’esercizio di una libera professione, iscritti nello stesso ordine professionale e designati dal consiglio nazionale, non è incompatibile con le norme comunitarie sulla libertà di concorrenza; le disposizioni del trattato Ce sulla concorrenza sono rivolte alle imprese ma, alla luce del principio di leale collaborazione, esse precludono agli stati l’adozione di regolamenti che producono effetti anticoncorrenziali; il controllo svolto dalle autorità statali sulle prove di esame indica che lo stato non ha rinunciato a esercitare il proprio potere favorendo intese che violano la libertà di concorrenza; una restrizione alla libertà di stabilimento può essere ammessa se necessaria a garantire la realizzazione di un interesse imperativo di carattere generale quale la valutazione della capacità dei candidati);

 

V) Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 2008, n. 1564 che ha negato il rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo ritenendo <<… pacifico che la disciplina degli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense non attiene certo alla attuazione del diritto comunitario>>.

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