Distrazione spese e gratuito patrocinio: i dubbi.

La Seconda Sezione civile della Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione di massima, di particolare importanza, concernente la compatibilità o meno tra l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e la richiesta del difensore di distrazione, in proprio favore, delle spese legali ex art. 93 c.p.c.

È l’ordinanza n. 1989 del 29/01/2020.

Ecco il link per leggerla sul sito della Corte

Secondo il ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, l’eventuale richiesta di distrazione delle spese, che è esercizio di un diritto proprio del difensore, non può avere effetto paralizzante sul beneficio del patrocinio a spese dello Stato ove, come nel caso di specie, la parte ammessa al patrocinio non sia poi risultata vittoriosa; d’altro canto non può aversi distrazione ex art. 93 c.p.c. ove il giudice disponga la soccombenza o la compensazione delle spese di lite.

Il motivo pone la questione dei rapporti tra l’istituto del patrocinio a spese dello Stato e quello della distrazione delle stesse in favore del difensore anticipatario, questione che non trova una soluzione univoca nella giurisprudenza della Corte.

Numerose sono state le pronunzie della sezione lavoro della Corte al riguardo. Generale è stata l’affermazione dell’incompatibilità dei due istituti: “il sistema del patrocinio a spese dello Stato, escludendo ogni rapporto fra il difensore della parte non abbiente assistita e la parte soccombente non assistita, è incompatibile con l’istituto della distrazione delle spese previsto dall’art. 93 c.p.c., il quale eccezionalmente istituisce un rapporto obbligatorio tra il difensore della parte vittoriosa e la parte soccombente, con la conseguenza che il relativo credito sorge direttamente a favore del primo nei confronti della seconda” (così Cass., sez. lav., 267/1984, cfr. anche Cass., sez. lav., 4379/1978 e Cass., sez. lav., 1464/1980). Di conseguenza, secondo la gran parte delle pronunzie, “l’eventuale richiesta di distrazione, essendo diretta a far valere una situazione nella quale la parte ha già trovato chi anticipa per lei le spese e non pretende l’onorario, costituisce una rinuncia implicita al patrocinio a spese dello Stato e preclude la possibilità di fruire di tale assistenza, senza che sia rilevante l’anteriorità o meno del decreto sull’ammissione a siffatto patrocinio” (ancora Cass., sez. lav., 267/1984; in termini analoghi Cass., sez. lav., 3901/1983 e Cass., sez. lav., 5579/1978).

Del tutto opposta rispetto all’orientamento maggioritario è Cass., sez. lav., 5850/1983, secondo la quale “in caso di ammissione di una parte al patrocinio a carico dello Stato, con nomina dello stesso difensore che, nell’ambito del pregresso mandato professionale, abbia già avanzato richiesta di distrazione delle spese di lite, la successiva mancata reiterazione di tale richiesta, come il fatto di avere il difensore accettato ed espletato quell’incarico affidatogli dal giudice, deve intendersi come rinunzia alla distrazione delle spese”.

Con il d.p.r. n. 115/2002 e la generalizzazione, a tutti i processi, del patrocinio a spese dello Stato – con la possibilità di chiedere il beneficio durante tutto il corso del processo (mentre per le cause di lavoro l’art. 13 della I. n. 533/1973 disponeva l’obbligo di richiederlo contestualmente alla domanda introduttiva del giudizio) e la previsione di due sole cause di revoca del beneficio ( per insussistenza delle condizioni per l’ammissione e per aver agito in giudizio con mala fede o colpa grave, art. 136) – la questione ha avuto soluzioni contrastanti:

• È stato ripreso l’orientamento maggioritario espresso dalla sezione lavoro che si è sopra ricordato. Così Cass. 5232/2018 ha affermato che “l’ammissione al gratuito patrocinio esclude ogni rapporto di incarico professionale tra le parti e il difensore sia in caso di vittoria sia in caso di soccombenza, in quanto il rapporto si costituisce esclusivamente tra il difensore nominato e lo Stato, con la conseguenza dell’incompatibilità tra detto rapporto e quello di mandato professionale e ove questo sia dedotto dal difensore, come nel caso di richiesta di distrazione delle spese ed onorari, il venir meno del patrocinio”, senza che assuma rilievo la circostanza che il patrocinio sia stato concesso dopo la richiesta di distrazione delle spese; analogamente secondo Cass. 6106/2017 l’ammissione al gratuito patrocinio, “quand’anche valida, [..] deve ritenersi rinunciata con il conferimento della procura al difensore e la richiesta di distrazione delle spese, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., formulata dal difensore nell’atto introduttivo del giudizio e riferibile (per effetto della procura) alla parte”.

• Diversa è invece la posizione espressa da Cass. 17461/2014. In un caso sovrapponibile a quello in esame (la parte era stata ammessa al patrocinio statale in relazione a un processo diretto ad ottenere il riconoscimento dell’assegno per invalidità civile e, una volta rigettata la domanda, il difensore – che si era dichiarato antistatario – aveva chiesto la liquidazione al giudice, che aveva revocato con efficacia retroattiva l’ammissione al patrocinio gratuito), si è affermato che la revoca è possibile solo nelle ipotesi previste dall’art. 136 d.p.r. 115/2002, così che la condotta del difensore può portare a conseguenze diverse dalla revoca (ad esempio in ambito disciplinare), ma non è idonea a incidere sulla struttura del beneficio, essendo pertanto “inapplicabile la risalente giurisprudenza di legittimità che si è formata prima dell’emanazione del testo unico sulle spese di giustizia”. Circa le conseguenze disciplinari per l’avvocato distrattario cfr. le pronunzie del Consiglio nazionale forense n. 76/2018 e n. 180/2018, che hanno affermato la sanzionabilità del comportamento dell’avvocato che si sia dichiarato distrattario a fronte dell’avvenuta ammissione al patrocinio statale del proprio cliente, instaurando “a proprio favore un doppio canale di liquidazione proporzionalmente idoneo a pregiudicare la parte assistita”.

• La cassazione penale, a sua volta, ha sì affermato l’incompatibilità tra patrocinio statale e distrazione delle spese, risolvendola però in favore del mantenimento del patrocinio. In un caso in cui il difensore della parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, aveva proposto istanza con cui aveva chiesto di integrare il dispositivo della sentenza di rigetto del ricorso dell’imputato con le parole “con distrazione della somma liquidata al difensore della parte civile ammessa al patrocinio a spese dello stato”, si è respinta l’istanza, affermando che l’istituto di cui all’art. 93 c.p.c. non può trovare applicazione, non giustificandosi la distrazione spese in difetto dell’anticipazione delle stesse (Cass. pen., 9178/2009).

• Pure le sezioni unite, senza peraltro approfondire la questione, hanno affermato la “prevalenza” del patrocinio: hanno infatti negato che fossero affette da vizio revocatorio proprie precedenti pronunzie, che, una volta accolto il regolamento di giurisdizione, avevano rigettato la domanda distrazione delle spese rilevando che il ricorrente era stato ammesso al patrocinio statale, appunto confermando la sussistenza del patrocinio e il conseguente rigetto della domanda di distrazione (Cass., sez. un. civ., 1009-1012/2014).

Fatto questo quadro la Corte afferma:

“Al riguardo va rilevato come la tutela offerta dai due istituti sia profondamente differente. Con l’ammissione al patrocinio, sono assunte dallo Stato, attraverso il meccanismo della anticipazione e della prenotazione a debito, tutte le spese elencate all’art. 131 del d.p.r. 115, che comprendono non solo le spese e gli onorari del difensore, ma la generalità dei costi del processo, compresi quelli relativi agli ausiliari del giudice e ai consulenti tecnici di parte, e questo indipendentemente dall’esito della lite (secondo l’art. 85 del d.p.r., “il difensore, l’ausiliario del magistrato e il consulente tecnico di parte non possono chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo”). L’istituto della distrazione delle spese, già disciplinato dal codice di rito del 1865 (l’art. 373 disponeva che “i procuratori possono domandare che la condanna al pagamento delle spese sia pronunziata a loro favore, per quella parte che dichiareranno di avere anticipato”), a sua volta ispirato all’art. 133 del codice napoleonico del 1806, prevede invece che “il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di aver anticipate” (art. 93 c.p.c.). Accordando tale “privilegio” al difensore, “il legislatore intese di animarne lo zelo, d’indurlo a fare anticipazioni di spese per un cliente sprovvisto di mezzi pecuniari, al fine di provvedere a qualche atto del procedimento, che non comporti alcun indugio, che tenda ad impedire la decorrenza di termini perentori e la conseguente decadenza dal diritto del proprio mandante”. Se quindi l’istituto condivide con il patrocinio statale l’obiettivo di favorire l’accesso alla giustizia, ben diverso è il suo raggio d’azione:• Il suo oggetto è anzitutto limitato alle spese che il difensore abbia anticipato – senza che vi sia obbligo alcuno che quelle anticipate siano tutte le spese – e agli onorari non riscossi. • La “gratuità” per l’assistito, poi, vale nella misura in cui questi risulta vittorioso e vi sia la pronuncia di condanna al pagamento delle spese a carico della controparte. Nel caso di soccombenza o comunque di compensazione delle spese, il difensore chiederà le spese e gli onorari al proprio assistito. • Occorre poi considerare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il difensore ottiene la distrazione in proprio favore “sulla base della sua semplice dichiarazione, la quale non può essere sindacata dal giudice” (v. da ultimo Cass. 8436/2019, cfr. pure Cass.21070/2009). Si tratterebbe infatti, precisa la dottrina, di una dichiarazione assolutamente vincolante per il giudice, che non può dar luogo, in sede di condanna nelle spese, ad alcuna contestazione, sia del cliente che dell’avversario, che trova la sua giustificazione nella funzione cui il difensore assolve. 5. Alla luce delle considerazioni che precedono, trattandosi di “questione di massima di particolare importanza” ai sensi del secondo comma dell’art.374 c.p.c., sussistono, ad avviso del Collegio, le condizioni per la rimessione degli atti al Primo Presidente, affinché valuti l’opportunità di assegnare la trattazione e la decisione del ricorso – come si è richiesto in relazione al procedimento r.g. 28250/2015 che pone identica questione – alle sezioni unite”.

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