Diritto della mamma all’anonimato e diritto del figlio di conoscerla

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pronunciandosi ex art. 363, comma 1, c.p.c., hanno statuito che, in tema di parto anonimo, per effetto della sentenza delle Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorchè il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte stessa, idonee ad assicurare la massima riservatezza ed il massimo rispetto della dignità della donna, fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorchè la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in seguito all’interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità.
È la sentenza n. 1946 del 25 gennaio 2017 e di seguito il link per leggere la motivazione sul sito della Corte:MOTIVAZIONE

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Preliminare, riserva di nomina e trascrizione del contratto

La Suprema Corte ha sancito che, affinchè, in un contratto per persona da nominare, l’”electus” possa godere degli effetti prenotativi del preliminare – anche quanto alle ipoteche iscritte contro il promittente alienante tra la trascrizione del preliminare suddetto e del contratto definitivo – è necessario, ma sufficiente, che la dichiarazione di nomina sia trascritta entro il termine stabilito nel preliminare, e comunque, entro quello ex art. 2645-bis, comma 3, c.c., non occorrendo, altresì, che la riserva di nomina risulti dalla nota di trascrizione del preliminare.

Trattasi della sentenza n. 1797 del 24 gennaio 2017 della Seconda Sezione Civile.

Clicca qui per leggere sul sito della Corte la MOTIVAZIONE

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Il curatore può esperire ogni tipo di azione di responsabilità contro gli amministratori della società fallita 

Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con sentenza n. 1641 del 23/01/2017, decidendo la corrispondente questione di massima di particolare importanza, hanno riconosciuto al curatore fallimentare la legittimazione attiva unitaria, in sede penale come in sede civile, all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità sia ammessa nei confronti degli amministratori di qualsivoglia società, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del pari concorso dei creditori.
Link al sito della Corte per leggere la motivazione MOTIVAZIONE

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Pignoramento compensi amministratori : un quinto o l’intero?

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 1545 del 20 gennaio 2017 ha chiarito in che limiti sono pignorabili gli emolumenti percepiti da un soggetto quale amministratore unico o consigliere di amministratore di una società.

Una Banca aveva pignorato gli emolumenti percepiti da un suo debitore quale compensi per l’attività di amministratore unico di una società e di consigliere di amministrazione di un’altra società.

Il Giudice dell’esecuzione aveva assegnato l’intera somma, senza limitazione, ma poi, a seguito di opposizione del debitore, il Tribunale aveva ritenuto rientrare tali emolumenti nella sfera di applicazione dell’art 409, n. 3,  c.p.c. e, pertanto, ne aveva ritenuto la pignorabilità solo nei limiti di un quinto.

La Banca ha proposto ricorso per Cassazione e le Sezioni Unite con la sentenza sopra indicata, dopo aver dato conto dei contrastanti indirizzi giurisprudenziali e delle posizioni assunte dalla dottrina, ha stabilito il seguente principio: “L’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una società per azioni sono legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dal n. 3 dell’art. 409 c.p.c. Ne deriva che í compensi spettanti ai predetti soggetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza í limiti previsti dal quarto comma dell’art. 545 c.p.c.”.

Ecco il link per leggerela motivazione sul sito della Suprema Corte MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA

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La (potenziale) rilevanza deontologica della vita privata del professionista

Pubblicato  sul sito del CNF il 18.1.2017

Deve ritenersi disciplinarmente responsabile l’avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l’esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro e, riflettendosi negativamente sull’attività professionale, compromettono l’immagine dell’avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria. La violazione deontologica, peraltro, sussiste anche a prescindere dalla notorietà dei fatti, poiché in ogni caso l’immagine dell’avvocato risulta compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Siotto), sentenza del 31 dicembre 2015, n. 266
NOTA.

In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Tinelli), sentenza del 24 settembre 2015, n. 150, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Florio), sentenza del 24 settembre 2015, n. 145, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. De Giorgi), sentenza del 24 settembre 2015, n. 141, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Tacchini, rel. De Giorgi), sentenza del 14 marzo 2015, n. 59, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Ferina), sentenza del 24 luglio 2014, n. 102, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Broccardo), sentenza del 17 luglio 2014, n. 94.

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Sequestro dell’automezzo se l’uso è funzionale a commettere il reato di atti persecutori.

L’art 612 bis, 1^ comma, c.p. prevede che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Nel caso analizzato da Cassazione Penale Sezione Quinta nella sentenza n.    1826 pubblicata il 16.1.2017 (udienza del 24.10.2016)  alcuni soggetti avevano sistematicamente utilizzato un autocarro e una macchina parcheggiando in modo tale da impedire che i clienti della persona offesa potessero raggiungere l’esercizio commerciale gestito da quest’ultimo oppure impedendo alla persona offesa di poter parcheggiare nei posti auto di sua proprietà.

Il tutto era stato ripreso da videocamere e, a seguito di denuncia, il GIP aveva emesso ordinanza di convalida di sequestro preventivo d’urgenza e contestuale decreto di sequestro preventivo dell’autocarro e dell’autovettura.

La Quinta Sezione della Corte di cassazione, con la sentenza sopra indicata, ha affermato la legittimità del sequestro preventivo dell’automezzo utilizzato per commettere il reato di atti persecutori, in presenza dell’uso reiterato e sistematico di esso, finalizzato a produrre uno degli eventi previsti dalla fattispecie di cui all’art. 612-bis cod. pen.

Link per leggere la motivazione sul sito della Corte Sent 1826 del 2017

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Pluralità di imputati e condanna alle spese a favore della parte civile.

La Seconda Sezione Penale della Cassazione ha affermato che più imputati possono essere condannati in solido al pagamento delle spese in favore della parte civile costituita nei loro confronti quando vi sia una responsabilità solidale in ordine all’obbligazione dedotta in giudizio ovvero una comunanza di interessi tra loro, ravvisabile anche in base a convergenti atteggiamenti difensivi.

Per interpretare in tal senso l’art. 541 c.p.p. la Corte richiama il codice di procedura civile ed in particolare l’art. 97 c.p.c. che appunto prevede che “se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese ed ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa, potendo pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune di esse, quando hanno interesse comune”. Secondo la giurisprudenza civile la condanna solidale alle spese può essere pronunciata non solo in caso di rapporti inscindibili o caratterizzati da solidarietà, ma anche laddove sussista una comunanza di interessi desumibile anche dalla semplice identità delle questioni trattate e discusse oppure dalla convergenza delle condotte processuali difensive.

La conferma di questo criterio ermeneutico si rinviene nello stesso art. 541  c.p.p. laddove prevede la possibilità di condanna solidale dell’imputato e del responsabile civile al pagamento delle spese alla parte civile, previsione che si basa sull’evidente presupposto che imputato e responsabile civile rispondono in solido delle conseguenze dannose del reato e, di solito, hanno un interesse comune a contrastare la pretesa civilistica.

Trattasi della  sentenza n. 1681 pubblicata il 13 gennaio 2017 (udienza 25 novembre 2016) . Ecco il link al sito della Corte per leggere la motivazione: Cass Pen n 1681 del 2017

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Vendibilita’ del bene sequestato se si può deprezzare.

La Corte di cassazione Sezione Seconda Penale con sentenza n. 1916 pubblicata il 16 gennaio 2017 (udienza 9 dicembre 2016) ha affermato che: “Ai fini della alienazione di cose in sequestro che possono alterarsi (art. 260, comma 3, cod. proc. pen.) rileva anche il progressivo intrinseco deprezzamento del bene in ragione del trascorrere del tempo; ne consegue che è legittima la vendita di una autovettura, oggetto di sequestro per equivalente, in quanto funzionale alla ottimizzazione della fruttuosità della misura ablatoria”.

Ecco il link per leggere la motivazione sul sito della Corte Cass Pen 1916 del 2017

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Fondo solidarietà coniugi bisognosi: é arrivato il DM

La legge 28 dicembre 2015 n. 208 all’art. 1 commi 414, 4145 e 416 ha previsto in via sperimentale  un Fondo di solidarietà per il coniuge in stato di bisogno che non sia in grado di mantenere i figli minori o handicappati e non abbia percepito l’assegno di mantenimento da parte del coniuge che vi era tenuto.
Ecco testualmente cosa prevedono dette disposizioni:

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Sequestro preventivo antimafia e fallimento.

La Prima Sezione Civile della Corte, pronunciandosi, per la prima volta, sulla corrispondente questione, ha ritenuto l’ammissibilità della dichiarazione di fallimento della società il cui patrimonio sia stato integralmente sottoposto a sequestro preventivo antimafia.

Trattasi della sentenza n. 608 del 12 gennaio 2017.

Sul sito della Suprema Corte si può leggere la motivazione seguendo il seguente link motivazione

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Protocollo Cassazione per ricorsi penali

Il 3.1.2017 è stato siglato tra il Primo Presidente della Corte ed il Procuratore generale un protocollo per migliorare il funzionamento della gestione dei ricorsi penali.
Il protocollo è stato pubblicato sul sito internet della Corte.
Ecco il protocollo

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La Cassazione sul nuovo art. 380 bis c.p.c.

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale – sollevata in riferimento all’art. 24 Cost. – dell’art. 380-bis c.p.c. (nel testo introdotto dal d.l. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla l. n. 197 del 2016), costituendo ragionevole esercizio del potere legislativo di conformazione degli istituti processuali la scelta di assicurare un contraddittorio solo cartolare alla decisione, in sede di legittimità, di questioni prive di rilievo nomofilattico, all’esito di una mera proposta di trattazione camerale da parte del consigliere relatore.

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