Convivente more uxorio e diritto di abitazione 

Con recente sentenza la Cassazione Civile Terza Sezione (n. 10377 del 27.04.2017 – clicca qui per leggere la motivazione sul sito della Corte-) ha confermato il principio per cui al convivente more uxorio non spetta il diritto di abitazione sull’immobile in cui si svolse la convivenza.

La ricorrente sosteneva che la evoluzione del sistema sociale e la preminenza assunta nell’ordinamento dalle formazioni sociali di cui all’art. 2 Cost. hanno portato la giurisprudenza costituzionale e della Corte di legittimità a qualificare come interesse meritevole di tutela l’affectio derivante dal rapporto di convivenza “more uxorio” ove caratterizzato da apprezzabile stabilità, riconoscendo al convivente non titolare di diritti reali o relativi sull’immobile destinato ad abitazione della coppia, la titolarità di una relazione con il bene qualificata come detenzione autonoma, tale da legittimare il godimento del bene anche dopo il decesso del convivente.
La Corte ha respinto il gravame ritenendo che la convivenza “more uxorio”, quale formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare, con la conseguenza che l’estromissione violenta o clandestina dall’unità abitativa, compiuta da terzi e finanche dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittima quest’ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 7214 del 21/03/2013; id. Sez. 2, Sentenza n. 7 del 02/01/2014). Tale situazione giuridica non immuta, tuttavia, al regime legale della detenzione del bene, in quanto riconducibile ad un diritto personale di godimento che viene acquistato dal convivente in dipendenza del titolo giuridico individuato dall’ordinamento nella comunanza di vita attuata anche mediante la coabitazione, ossia attraverso la destinazione dell’immobile all’uso abitativo dei conviventi, sicchè, in tanto la detenzione qualificata del convivente non proprietario né possessore, è esercitabile ed opponibile ai terzi, in quanto permanga il titolo da cui deriva e cioè in quanto perduri la convivenza “more uxorio” Ne segue che una volta venuto meno il titolo, per cessazione della convivenza, dovuta a libera scelta delle parti ovvero in conseguenza del decesso del convivente proprietario-possessore, si estingue anche il diritto avente ad oggetto la detenzione qualificata sull’immobile, sicchè la protrazione della relazione di fatto tra il bene ed il convivente (già detentore qualificato) superstite, potrà ritenersi legittima soltanto in base: a) alla eventuale istituzione del convivente superstite come coerede o legatario dell’immobile in virtù di disposizione testamentaria; b) alla costituzione di un nuovo e diverso titolo di detenzione da parte degli eredi del convivente proprietario.
La rilevanza sociale e giuridica che riveste la convivenza di fatto, non incide infatti, salvo espressa disposizione di legge (come nel caso dell’art. 6, terzo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, secondo la interpretazione additiva della Corte costituzionale sentenza in data 7.4.1988 n. 404) sul legittimo esercizio dei diritti spettanti ai terzi sul bene immobile, non trovando applicazione, ratione temporis, alla fattispecie esaminare dalla Corte la norma dell’art. 1, comma 42, della legge 20 maggio 2016 n. 76 che conferisce al convivente superstite un diritto di abitazione temporaneo (non oltre i cinque anni) modulato diversamente in relazione alla durata della convivenza ed alla presenza di figli minori o disabili, ma riverbera piuttosto sul piano del canone di buona fede e di correttezza “dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle situazioni di affidamento” che impone al soggetto che legittimamente intende rientrare, in base al suo diritto, nella esclusiva disponibilità del bene, di concedere all’ex convivente un termine congruo per la ricerca di una nuova sistemazione abitativa (Corte cass. n. n. 7214/2013). Né appare configurabile una lesione del principio di pari trattamento di situazioni identiche nella omessa estensione anche al convivente more uxorio del diritto di abitazione e di uso previsto dall’art. 540 c.c., avendo ritenuto D Giudice delle leggi infondata la questione in considerazione del differente presupposto della successione mortis causa cui si ricollega l’applicazione di tale norma: “i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, attribuiti al coniuge dall’art. 540, secondo comma, cod. civ., sono oggetto di una vocazione a titolo particolare collegata alla vocazione (a titolo universale) a una quota di eredità, cioè presuppongono nel legatario la qualità di legittimario al quale la legge riserva una quota di eredità. Tale collegamento, per cui i detti diritti formano un’appendice della legittima in quota, si spiega sul riflesso che oggetto della tutela dell’art. 540, secondo comma, non è il bisogno dell’alloggio (che da questa norma riceve protezione solo in via indiretta ed eventuale), ma sono altri interessi di natura non patrimoniale, riconoscibili solo in connessione con la qualità di erede del coniuge, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il matrimonio, con conseguente inapplicabilità, tra l’altro, dell’art. 1022 cod. civ., che regola l’ampiezza del diritto di abitazione in rapporto al bisogno dell’abitatore. ” (cfr. Corte costituzionale, sentenza 26.5.1989 n. 310).

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Mancata registrazione della locazione ad uso non abitativo: la registrazione tardiva sana la nullità

La Suprema Corte, pronunciandosi in tema di locazione immobiliare ad uso non abitativo, ha ritenuto che la mancata registrazione del contratto, prevista dall’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, ne determini la nullità ex art. 1418 c.c,. che, tuttavia, attesa la sua atipicità, desumibile dal complessivo impianto normativo in materia ed in particolare dalla espressa previsione di forme di sanatoria, è sanata con effetti “ex tunc” dalla tardiva registrazione del contratto.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione Terza Sezione Civile con sentenza n. 10498 del 28 aprile 2017 (clicca qui per leggere la MOTIVAZIONE sul sito della Corte).

Trattasi di una sentenza molto dotta che ripercorre le tappe della legislazione anche fiscale riguardante la registrazione dei contratti locatizi, dando conto delle sentenze della Consulta nella materia e dei precedenti della stessa Cassazione.

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Agenzia Entrate: guida fiscale acquisto della casa aggiornata a marzo 2017

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Contratti bancari e forma scritta


La Prima Sezione Civile della Cassazione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, della questione, ritenuta di massima di particolare importanza, relativa al se, ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, il requisito della forma scritta del contratto di investimento esiga, accanto a quella dell’investitore, anche la sottoscrizione “ad substantiam” dell’intermediario.

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Processo civile telematico: i dati al 31.03.2017

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La manovrina: il decreto legge 24 aprile 2017 n. 50

Ieri 24 aprile 2017 é stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il Decreto Legge 24 aprile 2017 n. 50 recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”.Tre sono le novità per gli avvocati.
L’Art. 1 ha esteso anche ai liberi professionisti il meccanismo dello split payment: in buona sostanza quando si emetterà una fattura a una pubblica amministrazione o a società partecipate da enti pubblici oppure a società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana il committente non pagherà l’IVA all’avvocato, ma la verserà direttamente lui allo Stato. La norma vale per le fatture emesse dall’1 luglio 2017 in poi. E’ previsto un decreto ministeriale attuativo della norma che verrà emanato entro trenta giorni.
L’art. 22, comma 4, ha parzialmente rivisto la norma (art. 5, comma 5, D.L. 78/2010) che prevedeva che per gli avvocati che fossero titolati di cariche elettive, lo svolgimento di incarichi professionali presso altre pubbliche amministrazioni non potesse essere retribuito: la norma introdotta dal decreto legge 50/2017 prevede che non rientrano nella previsione dell’art 5, comma 5, gli incarichi professionali conferiti ai titolari di cariche elettive presso Regioni e Comuni purché la P.A. committente operi in un ambito territoriale diverso da quello in cui si trova l’ente presso cui il professionista ricopra la carica elettiva. In caso di carica elettiva comunale l’Ente conferente deve trovarsi nell’ambito di una provincia diversa rispetto a quella in cui si trova il Comune in cui si ricopre la carica.
L’art 11 prevede norme per la definizione agevolata del contenzioso tributario.
Clicca sotto per scaricare il decreto legge
Link Ufficiale alla Gazzetta Ufficiale

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Natura della competenza del Magistrato e del Tribunale di sorveglianza.

La Sezione Prima Penale della Suprema Corte ha affermato che la competenza del Magistrato e del Tribunale di sorveglianza ha natura funzionale ed inderogabile, non inquadrabile nella mera competenza territoriale, per cui la sua eventuale inosservanza può essere rilevata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento.

È’ la sentenza n. 19385/2017 (udienza 21.12.2016- deposito 21.4.2017) di cui, sul sito della Corte,  si può leggere la MOTIVAZIONE.

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Sottotetto: accertamento proprietà e litisconsorzio.

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con sentenza n. 10005 del 2017, pubblicata il 20.04.2017, (qui la motivazione sul sito della Corte) ha esaminato una fattispecie riguardante l’accertamento della proprietà del sottotetto.

Una signora aveva comprato un appartamento credendo che vi fosse compreso il sottotetto, tant’è che iniziò i lavori di ristrutturazione dello stesso ricevendo peró l’opposizione del Condominio. Di qui l’azione della acquirente contro il condominio per far accertare il suo diritto sul sottotetto o, in subordine, contro i venditori, qualora fosse risultato che il sottotetto fosse condominiale, per ottenere una riduzione del prezzo.

Il Tribunale dichiarò la natura condominiale del sottotetto, ma ricobbe all’acquirente il diritto ad una riduzione del prezzo di acquisto.

In appello si costituirono tutti gli altri condomini e la Corte confermò  la sentenza di prime cure, tranne che per il capo che prevedeva la riduzione del prezzo che venne riformato in toto non riconoscendo più  il diritto a tale riduzione del prezzo.

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Siti internet degli studi legali e modalità della pubblicità 

Sentenza delle Sezioni Unite Civili della Cassazione n. 9861 del 2017 pubblicata il 19.4.2017 (qui la motivazione sul sito della Corte) in merito alle forme di pubblicità che possono porre in essere gli avvocati sui loro siti internet.

La Cassazione tratta il caso di alcuni avvocati che nel sito internet del proprio studio -col loro consenso- avevano pubblicato l’elenco dei principali clienti assistiti in via continuativa e dei principali clienti assistiti per progetti specifici in violazione degli artt. 6 e 17 del codice.

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Confisca beni ed istanza di revoca di terzi

In tema di confisca di beni nella formale titolarità di terzi estranei al procedimento penale, la Prima sezione della Corte di cassazione ha affermato che, qualora la richiesta di revoca della confisca proposta dal terzo venga dichiarata “de plano” inammissibile, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., e tale soggetto proponga opposizione, il giudice dell’esecuzione è tenuto ad instaurare il contraddittorio tra le parti ai sensi dell’art. 666, commi 3 e 4, cod. proc. pen., a pena di nullità assoluta dell’ordinanza che definisce il procedimento, e deve altresì disporre la trattazione nelle forme della pubblica udienza, qualora l’opponente ne abbia fatto esplicita richiesta, configurandosi, in difetto, una nullità relativa.
Trattasi della sentenza n. 18691 /2017 (ud. 10/06/2016 – deposito del 14/04/2017) di cui sul sito della Corte si può leggere la motivazione

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Reformatio in peius in appello e regole di giudizio.

Le Sezioni Unite Penali della Suprema Corte  hanno affermato che è affetta da vizio di motivazione, per mancato rispetto del canone di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero avverso assoluzione disposta all’esito di giudizio abbreviato non condizionato, affermi la responsabilità dell’imputato operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame delle persone che abbiano reso tali dichiarazioni.

È la sentenza n. 18620/2017 ( ud. 19/01/2017 – deposito del 14/04/2017) e sul sito della Corte si può leggere la MOTIVAZIONE

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Convertito il decreto legge sul terremoto

La legge 7 aprile 2017 n. 45 ha convertito con modificazioni il decreto legge 9 febbraio 2017 n. 8 recante nuovi  interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017. 

Qui sotto il link per scaricare il testo coordinato del decreto con le modifiche apportate in sede di conversione.

Legge 7 aprile 2017 n. 45

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