Particolare tenuità del fatto post riforma Cartabia

La Sesta Sezione penale della Cassazione ha affermato che la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in quanto istituto di natura sostanziale, trova applicazione anche nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della modifica, relativi a reati commessi in precedenza

È la sentenza 7573 del 21 febbraio 2023.

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Diritti di copia solo con pagoPa

Si riporta il Provvedimento ministeriale del 21.2.2023

Provvedimento 21 febbraio 2023 – Risposta a quesito posto sul canale Filo diretto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona – Pagamento telematico dei diritti di copia ex art. 196 d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002 Rif. prot. DAG n. 39841.E del 20.02.2023

21 febbraio 2023

Dipartimento per gli affari di giustizia Direzione Generale degli Affari Interni – Ufficio I Reparto I – Servizi relativi alla Giustizia Civile

 

Al sig. Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Verona

e, p.c.,

alla Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati
al sig. Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Venezia

Oggetto: risposta a quesito posto sul canale Filo diretto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona – pagamento telematico dei diritti di copia ex art. 196 d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002
Rif. prot. DAG n. 39841.E del 20.02.2023

Con mail Filodiretto del 17.02.2023, acquisita al prot. DAG n. 39841.E del 20.02.2023, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona ha formulato il seguente quesito “Si vorrebbe avere certezza circa l’ambito di applicazione dell’art. 196 T.U. spese giustizia, nella parte in cui prevede che a far data dal 28/2/23 e solo per i procedimenti instaurati dopo tale giorno i diritti di copia e di certificazione debbano essere riscossi esclusivamente in modalità telematica secondo le prescrizioni dell’art. 5 C.A.D., ovvero se la nuova formulazione del suddetto articolo riguarda solo il processo civile, o comprenda anche quello penale”.

 

In risposta al quesito in oggetto si osserva quanto segue.

L’art. 196 del d.P.R. 115 del 30 maggio 2002, nella nuova formulazione introdotta dall’art. 13, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 149 del 10 ottobre 2022, dispone che “Il diritto di copia, il diritto di certificato e le spese per le notificazioni a richiesta d’ufficio nel processo civile sono corrisposti tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.

 Tale articolo è inserito, peraltro nel Capo II della Parte VI, Titolo III, del citato Testo Unico sulle spese di giustizia intitolato “Pagamento del diritto di copia, del diritto di certificato, nonché delle spese per le notificazioni a richiesta d’ufficio nel processo civile”.

A fronte di un così chiaro dettato normativo e tenuto conto della collocazione dell’art. 196 sopra richiamato all’interno del d.P.R. n. 115 del 2002, questa Direzione generale ritiene che la disposizione in esame sia riferita al processo civile con la conseguenza che a decorrere dal 28 febbraio 2023 il pagamento dei diritti di copia, del diritto di certificato e delle spese per le notificazioni a richiesta d’ufficio (importo forfettario previsto dall’art. 30 del medesimo d.P.R. n. 115 del 2002) dovrà avvenire tramite la piattaforma PagoPA di cui all’articolo 5, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Per quanto riguarda il pagamento dei diritti di copia nel processo penale si rammenta che con nota prot. DOG 13550.U del 20.04.2020 (prot. DAG 64729.E -allegato 1), indirizzata a tutti gli uffici giudiziari, ivi comprese le Procure Generali presso le Corti di Appello, la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati ha reso noto che “In attuazione all’art 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale e del D.L. 179/2012, come convertito in legge, il Ministero della Giustizia permette, tra gli altri servizi, il pagamento telematico dei diritti di copia” anche nel settore penale.

Nella citata nota la DGSIA ha precisato che “Per le sole Procure Generali della Repubblica e Procure della Repubblica, questa Direzione potrà procedere all’abilitazione di detti Uffici all’accettazione dei pagamenti telematici ed al conseguente annullamento della ricevuta telematica solo a seguito di specifica richiesta da inviare all’indirizzo prot.dgsia.dog@giustiziacert.it dovendosi provvedere all’inserimento della denominazione dell’ufficio richiedente nel catalogo, esposto sul PST, degli uffici che assicurano questo servizio, catalogo in cui sono già presenti i tribunali e le corti appello, in virtù degli sviluppi del processo civile telematico i cui sistemi consentono già di procedere all’annullamento della RT. Per qualsiasi problematica è possibile rivolgersi al supporto info-pct@giustizia.it”

Tenuto conto della questione esaminata, si invita il Procuratore generale della Corte di appello di Venezia, a cui la presente nota è indirizzata per conoscenza, ad assicurare idonea diffusione della presente tra gli uffici del proprio distretto.

Cordialità.

Roma, 21 febbraio 2023

Il Direttore generale
Giovanni Mimmo

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La residualita’ dell’azione di ingiustificato arricchimento

In tema di azione di ingiustificato arricchimento, la Terza Sezione civile della Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione riguardante l’interpretazione della regola della sussidiarietà prescritta dall’art. 2042 c.c. e, in particolare, circa la correttezza dell’orientamento giurisprudenziale che individua tale presupposto dell’azione ex art. 2041 c.c. nella mancanza di un’azione tipica – intesa come assenza di un’azione derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, non già come carenza di un’iniziativa processuale anche solo ipoteticamente esperibile – e che, di conseguenza, ritiene ammissibile la domanda di ingiustificato arricchimento anche quando l’azione teoricamente spettante all’impoverito è prevista da clausole generali (come in caso di risarcimento per responsabilità precontrattuale).

È l’ordinanza interlocutoria n1. 5222 del 20/02/2023.

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Rilevanza in appello dei documenti prodotti in primo grado in via cartacea

Le Sezioni Unite Civili della Cassazione, decidendo su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato che:

– il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova”, operante anche per i documenti – prodotti sia con modalità telematiche che in formato cartaceo -, comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, né può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che li abbia inizialmente offerti in comunicazione;

– il giudice d’appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi, mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni;

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I dehors possono rientrare nell’attività edilizia libera qualora siano funzionali a esigenze temporanee e facilmente rimovibili

DAL SITO DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

I dehors possono rientrare nell’attività edilizia libera qualora siano funzionali a esigenze temporanee e facilmente rimovibili

Edilizia e urbanistica – Attività edilizia libera – Dehors – Beni culturali, paesaggistici e ambientali – Autorizzazione paesaggistica – Autorizzazione paesaggistica – Necessità – Esclusione

Le strutture a servizio di attività commerciali installate su suolo pubblico, comunemente denominate “dehors”, per poter rientrare nella dizione di “attività edilizia libera” di cui all’art. 6, comma 1, lett. e – bis), del d.P.R. n. 380 del 2001, devono rispondere a due requisiti: uno funzionale, consistente cioè nella finalizzazione alle esigenze dell’attività, che devono tuttavia essere “contingenti e temporanee”, intendendosi per tali quelle che, in senso obiettivo, assumono un carattere onotologicamente temporaneo, quanto alla loro durata, e contingente, quanto alla ragione che ne determina la realizzazione, palesato dalla loro permanenza massima sul suolo per un periodo non superiore a centottanta giorni (termine che deve comprendere anche i tempi di allestimento e smontaggio, riducendosi in tal modo l’uso effettivo ad un periodo inferiore); l’altro strutturale, consistente nella loro realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale (e quindi al più tardi nel termine di centottanta giorni dal giorno di avvio dell’istallazione, coincidente con quello di comunicazione all’amministrazione competente). Dalla diversa angolazione della tutela del paesaggio, le installazioni in controversia sono esonerate dall’autorizzazione di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, ove si tratti di opere “di lieve entità”, nell’accezione declinata alla voce “A.16” dell’Allegato A al d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, adottato in attuazione dell’art. 12, comma 2, del d.l. 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 luglio 2014, n. 106, come modificato dall’art. 25, comma 2, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 novembre 2014, n. 164, che intende per tali quelle (tra l’altro) destinate a permanere sul suolo per un periodo «comunque non superiore a 120 giorni nell’anno solare». (1) (2)

Edilizia e urbanistica – Attività edilizia libera – Dehors – Beni culturali, paesaggistici e ambientali – Autorizzazione paesaggistica – Motivazione del diniego dell’autorizzazione paesaggistica

L’obbligo di motivare autonomamente il diniego del titolo paesaggistico in caso di mancato rispetto del termine previsto dalla legge per l’espressione del parere della Soprintendenza non può che riguardare il contenuto del giudizio, ovvero la ritenuta attitudine dell’intervento a incidere permanentemente sui valori paesaggistici, la cui rilevanza assume una valenza superiore a quella meramente estetica, tradizionalmente limitata alla visione panoramica e alla percezione “empirica” delle opere. Laddove invece a tale merito neppure si arrivi perché non è stata superata la barriera di ammissibilità della domanda del privato, l’atto di diniego assume contenuto vincolato e portata necessitata, e ben può limitarsi a riferire quanto chiarito dalla Soprintendenza, seppure tardivamente. (3)

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La realizzazione di una pergotenda non richiede il rilascio del permesso di costruire

Dal sito della giustizia amministrativa

La realizzazione di una pergotenda non richiede il rilascio del permesso di costruire

Edilizia e urbanistica – Permesso di costruire – Pergotenda – Nuova costruzione – Esclusione – Presupposti

La pergotenda non è un’opera edilizia qualificabile alla stregua della nuova costruzione e, come tale, non è assentibile mediante permesso di costruire.

Questo in ragione delle seguenti caratteristiche:

– deve essere una struttura destinata a rendere più vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini), installabile al fine di soddisfare esigenze non precarie; essa, dunque, non si connota per la temporaneità della sua utilizzazione, piuttosto per costituire un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo;

– la res principale deve essere costituita, da una tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che la struttura di supporto deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda, mediante elementi leggeri di sezione esigua, eventualmente imbullonati al suolo e facilmente disancorabili;

– deve essere realizzata in un materiale retrattile, con la conseguenza che la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza. (1)

(1) Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 2019, n. 4472; Cons. Stato, sez. II, 28 gennaio 2021, n. 840; T.a.r. per il Lazio, sez. II quater, 22 dicembre 2017, n. 12632; Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2017 n. 306; T.a.r. per il Lazio, sez. II bis, 3 febbraio 2020, n. 1439.

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Tavola sinottica riforma Cartabia

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Sul divieto di rinnovo tacito dei contratti della PA

Il Consiglio di Stato Sezione V con sentenza n. 1626 del 16 febbraio 2023 ha chiarito che “La portata applicativa del divieto di rinnovo dei contratti da parte della P.A. rappresenta un precetto che, coerentemente con la matrice euro – unitaria della norma, è oggetto di costante interpretazione estensiva in giurisprudenza”.

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L’art. 6, L. 24 dicembre 1993, n. 537 (come sostituito dall’art. 44 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 ed il comma 2 è stato modificato dall’art. 23, L. 18 aprile 2005, n. 62, poi abrogato dall’art. 256, D.L.vo n. 163 del 2006), nel vietare il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, comminandone la nullità, e nel consentire (fino alla modificazione introdotta dalla citata legge n. 62 del 2005) la rinnovazione espressa in presenza di ragioni di pubblico interesse (comma 2) dispone che “è vietato il rinnovo tacito dei contratti per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi. I contratti stipulati in violazione del predetto divieto sono nulli”. In ordine al divieto di rinnovo tacito, si è precisato che tale divieto non è stato introdotto per la prima volta dall’art. 44, L. n. 724 del 1994, “ma era già previsto dalla disposizione di cui all’art. 6 della L. n. 537/1993 che altrettanto disponeva espressamente il divieto del rinnovo tacito dei contratti con le P.A. per la fornitura di beni e servizi” (Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2002, n. 5116).

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Riforma dei contratti pubblici: la Corte dei Conti sullo schema di decreto legislativo

Si segnala il documento del 14.2.2023 presente sul sito della Corte dei Conti
Audizione su atto Governo n. 19 – Codice dei contratti pubblici.

Clicca qui per leggere il documento

Lo schema di decreto legislativo sottoposto all’esame della Corte
costituisce attuazione della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici, pubblicata nella G.U. del 24 giugno 2022, al fine di adeguare la disciplina dei contratti pubblici a quella del diritto europeo e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché al fine di evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea
e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate.

A sua volta, la legge di delega costituisce attuazione degli impegni assunti dal
Governo italiano con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, con specifico riferimento al settore dei contratti pubblici, prevede un processo di riforma in due macro-tappe: una prima tappa, attuata in via d’urgenza con il D.L. 77/2021, e una seconda tappa da attuare mediante una riforma complessiva del vigente Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) e del quadro normativo ad esso collegato, da completare entro il giugno 2023.

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Sulla legittimazione ad impugnare gli atti di gara in capo ad un’impresa che si sia ritirata dalla gara stessa

Dal sito della giustizia amministrativa

Sulla legittimazione ad impugnare gli atti di gara in capo ad un’impresa che si sia ritirata dalla gara stessa

Contratti pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione – Appalto di servizi – Giustizia amministrativa – Legittimazione al ricorso – Interesse ad agire

L’impresa che si sia ritirata dalla gara prima dell’aggiudicazione è priva di legittimazione e di interesse a ricorrere avverso gli atti della gara stessa (1).

Giustizia amministrativa – Legittimazione al ricorso – Interesse ad agire – Contraddittorietà – Abuso del processo

Costituisce un abuso del processo l’impugnativa di atti e la proposizione di censure in palese contraddizione col comportamento precedentemente tenuto dal ricorrente nei confronti della stazione appaltante (2).

(1) Non risultano precedenti in termini.
(2) Conformi: Cons. Stato, Ad. plen., 29 novembre 2021, n. 19, oggetto di News UM n. 2 del 12 gennaio 2022, con cui è stata dichiarata inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata in appello dal ricorrente soccombente in primo grado.
Difformi: non risultano precedenti difformi.

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Procedimento di conferimento degli incarichi direttivi giudiziari: rilevanza dei procedimenti disciplinari ed utilizzabilità probatoria dei messaggi telefonici

Dal sito della giustizia amministrativa

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Procedimento di conferimento degli incarichi direttivi giudiziari: rilevanza dei procedimenti disciplinari ed utilizzabilità probatoria dei messaggi telefonici

Cons. Stato, sez. VII, 7 febbraio 2023, n. 1351

Ordinamento giudiziario – Conferimento incarichi direttivi – Procedimento e sanzioni disciplinari – Requisiti di attitudine e professionalità

Nel complessivo giudizio valutativo ai fini della attribuzione di incarichi direttivi, acquistano rilevanza giuridica i procedimenti disciplinari pendenti.

I requisiti di attitudine e di professionalità, legalmente contemplati, possono essere desunti da ogni altro atto facente parte del fascicolo personale del magistrato nonché da qualsiasi altro elemento rilevante, contenuto negli atti del Consiglio, purchè nella rigorosa osservanza delle regole dialettiche del contraddittorio.

In questo modo, l’Organo di autogoverno ha a disposizione un ampio quadro conoscitivo a sostegno delle proprie discrezionali valutazioni, ferme restando le situazioni tassativamente preclusive. (1)

Ordinamento giudiziario – Conferimento incarichi direttivi – Utilizzabilità probatoria di messaggi telefonici

Nell’ambito procedimento per il conferimento degli incarichi giudiziari direttivi, sono utilizzabili, in chiave probatoria, i messaggi telefonici, in quanto documenti informatici legittimamente acquisiti.

I dati informatici scambiati attraverso la comunicazione (quali e-mail, sms e messaggi whatsapp), contenuti in uno strumento elettronico (computer o telefono cellulare) e archiviati su apposita memoria, hanno natura documentale, ai sensi dell’art. 234 c.p.p., sicché la loro acquisizione non costituisce attività di intercettazione disciplinata dagli artt. 266 e ss. c.p.p., atteso che quest’ultima esige la captazione di un flusso di comunicazioni in atto ed è, pertanto, attività diversa dall’acquisizione ex post del dato conservato in memoria che documenta flussi già avvenuti.

Tali dati, pertanto, possono essere acquisiti attraverso lo strumento del sequestro, senza peraltro dovere adottare la disciplina legalmente stabilita per la corrispondenza, che implica, perciò solo, un’attività di spedizione e consegna a terzi.

L’intercettazione di email o altri messaggi similari (che solitamente si attua attraverso la clonazione dell’account di posta elettronica dell’indagato e immediata trasmissione dei dati presso una postazione di decodifica) si caratterizza, invece, per la contestualità tra la captazione dei messaggi e la loro trasmissione e, quindi, ha ad oggetto un flusso comunicativo in atto.

Trattandosi, dunque, di un’attività di intercettazione telematica, è prevista un’ineludibile tutela rafforzata, sorretta da rigorose garanzie circa i presupposti di applicabilità nonché la necessità di autorizzazione giurisdizionale. (2)

(1) Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. VII, 27 aprile 2022 n. 3309; Cons. Stato, sez. VII, 7 febbraio 2023, nn. 1349 e 1350.

(2) Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. VII, 28 ottobre 2022, nn. 9343 e 9315.

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Art. 573 comma 1 bis c.p.p.

La Quarta Sezione Penale della Cassazione ha affermato che l’art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. a), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30/12/2022 ex art. 6, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, nella parte in cui dispone che «Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice di appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile», è applicabile anche nei giudizi d’impugnazione per i soli interessi civili introdotti prima o relativi a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore. (In motivazione, la Corte ha precisato che, per l’assenza di disciplina transitoria, in caso di impugnazione ai soli fini civili, il principio del “tempus regit actum” impone di fare riferimento, onde individuare la normativa applicabile, a quella vigente al momento in cui è verificata dal giudice penale la non inammissibilità dell’impugnazione, cui consegue l’automatica prosecuzione del giudizio davanti al giudice civile).

Trattasi dell’ ordinanza n. 2854 ud. 11/01/2023 – deposito del 24/01/2023

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