Ancora sull’accertamento della colpa medica.

Da una recente pronuncia della Cassazione Penale emerge quanto segue.

Il giudizio concernente la responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie è, nel tempo, sottoposto a continue sollecitazioni, vuoi per i reiterati interventi del legislatore, vuoi per le sempre più approfondite ed articolate elaborazioni dottrinali, vuoi per la ricerca da parte degli interpreti di un equilibrio tra le istanze di generai-prevenzione correlate all’esercizio di un’attività rischiosa e l’imperativo di matrice costituzionale di attribuire rilievo penale alle sole condotte colpevoli.

La previsione normativa che impone al giudice penale di applicare la legge più favorevole (art.2, quarto comma, cod. pen.) incide indefettibilmente su tale giudizio, imponendo un corretto ed esaustivo esame dei profili del fatto che garantisca l’esatta applicazione della normativa più favorevole in rapporto alle peculiarità del caso concreto. L’introduzione, ad opera del d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n.189, c.d. decreto Balduzzi) del parametro di valutazione dell’operato del sanitario costituito dalle linee-guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali, con la più incisiva conferma di tale parametro ad opera della legge 8 marzo 2017, n. 24, ha modificato i termini del giudizio penale imponendo al giudice, non solo una compiuta disamina della rilevanza penale della condotta colposa ascrivibile al sanitario alla luce di tali parametri ma, ancor prima, un’indagine che tenga conto dei medesimi parametri allorchè si accerti quello che sarebbe stato il comportamento alternativo corretto che ci si doveva attendere dal professionista, in funzione dell’analisi controfattuale della riferibilità causale alla sua condotta dell’evento lesivo.

Una motivazione che tralasci di indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, di valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, o di specificare di quale forma di colpa si tratti, se di colpa generica o specifica, eventualmente alla luce di regole cautelari racchiuse in linee-guida, se di colpa per imperizia, negligenza o imprudenza, ma anche una motivazione in cui non sia appurato se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali non può, oggi, essere ritenuta satisfattiva né conforme a legge.

Sulla base di tali principi la Cassazione Penale ha ritenuto che non è conforme alle finalità della legge, in tema di responsabilità medica, una motivazione che enunci la regola di comportamento desumibile da linee – guida senza specificare se si tratti di regola cautelare o di regola di giudizio della perizia del sanitario.

Quanto sopra nella sentenza n. 37794/2018 pubblicata il 6 agosto 2018: clicca qui per leggerla sul sito della Corte di Cassazione.

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