Sistemi elettorali di Camera e Senato.

Sistema elettorale della Camera.

La legge elettorale italiana per l’elezione dei deputati del 2015, denominata “Italicum”, e cioè la legge 6 maggio 2015, n. 52, prevedeva in origine un sistema maggioritario a doppio turno con premio di maggioranza, soglia di sbarramento e cento collegi plurinominali con capilista “bloccati”. Essa disciplina l’elezione della sola Camera dei Deputati a decorrere dal 1º luglio 2016, in sostituzione della precedente legge elettorale del 2005, modificata dalla Corte Costituzionale con un giudizio di illegittimità costituzionale nel dicembre 2013 e tuttora in vigore limitatamente all’elezione del Senato.

La Corte costituzionale con sentenza del 25 gennaio 2017 ha dichiarato incostituzionale il turno di ballottaggio, lasciando il premio di maggioranza per la lista che dovesse ottenere il 40% al primo (e quindi unico) turno. La Corte ha inoltre dichiarato incostituzionale la possibilità per i capilista bloccati che dovessero essere eletti in più collegi di scegliere discrezionalmente l’effettivo collegio di elezione: la scelta viene quindi affidata ad un sorteggio. Il sistema elettorale per la Camera dei Deputati diventa così un sistema proporzionale a correzione maggioritaria.

È un sistema proporzionale, ma con un premio alla singola lista che supera il 40% (il premio non scatta per le coalizioni). In caso di mancato raggiungimento di questa soglia, si passa al riparto proporzionale tra tutti i partiti che hanno superato il 3%. Una volta stabiliti quanti deputati spettano complessivamente a ciascuna lista, attraverso un complicato algoritmo i numeri vengono proiettati su 100 collegi plurinominali, in ciascuno dei quali vengono eletti tra i 5 e i 7 candidati. In ogni collegio i partiti presentano dei listini di 5-7 nomi: il primo candidato è bloccato (viene cioè eletto automaticamente se per quel partito scatta il seggio), mentre per gli altri c’è la preferenza. L’elettore ha a disposizione due preferenze, ma solo se vota un uomo e una donna, altrimenti si deve accontentare di una sola preferenza. Ci si può candidare come capolista in più collegi (fino a dieci). Se si viene eletti in più di un collegio, verrà tirato a sorte quello in cui il candidato viene dichiarato eletto.

Più nel dettaglio la disciplina che emerge a seguito della recente sentenza della Corte costituzionale nel 2017 prevede:

– premio di maggioranza di 340 seggi (55% dei seggi, esclusi gli eletti nella circoscrizione Estero) alla lista (non più alla coalizione) in grado di raggiungere il 40% dei voti (non più il 37%) al primo turno;
– soglia di sbarramento unica al 3% su base nazionale per tutti i partiti, non essendo più previste le coalizioni;

– suddivisione del territorio nazionale in 100 collegi plurinominali (designati successivamente con un decreto legislativo);

– designazione di un capolista “bloccato” in ogni collegio da parte di ciascun partito, con possibilità per i capilista di candidarsi in massimo 10 collegi;

– possibilità per gli elettori di esprimere sulla scheda elettorale due preferenze “di genere” (obbligatoriamente l’una di sesso diverso dall’altra, pena la nullità della seconda preferenza) da scegliere tra le liste di candidati presentate;

– per favorire l’alternanza di genere, l’obbligo di designare capilista dello stesso sesso per non più del 60% dei collegi nella stessa circoscrizione (regione) e di compilare le liste seguendo l’alternanza uomo-donna.

I collegi elettorali per la Camera dei deputati sono tutti plurinominali fatta eccezione per la Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano.
Alla  lista che raggiunge almeno il 40% dei voti vengono automaticamente assegnati i 340 seggi derivanti dal premio di maggioranza, mentre i 277 seggi restanti (si escludono infatti quello della Valle d’Aosta e i 12 della circoscrizione Estero) vengono ripartiti fra le altre liste che superano lo sbarramento; questi ultimi seggi vengono ripartiti con metodo proporzionale, precisamente secondo il Metodo Hare-Niemeyer dei quozienti interi e dei più alti resti: i seggi vengono assegnati proiettando le percentuali ottenute dai partiti a livello nazionale sui 100 collegi (i seggi assegnati da ognuno di essi variano da un minimo di 3 a un massimo di 9).

Il territorio dei 100 collegi è stato determinato, come previsto dalla legge, con il decreto legislativo 7 agosto 2015, n. 122.  La Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano sono state divise in nove collegi uninominali (rispettivamente, uno, quattro e quattro collegi), mentre il resto d’Italia è stato diviso in 91 collegi plurinominali. I voti espressi nei collegi uninominali sono in ogni caso computati nella determinazione della cifra elettorale nazionale di ciascuna lista ai fini della determinazione del numero di voti considerato come soglia di accesso alla ripartizione dei seggi e della determinazione della lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale (in funzione del premio di maggioranza). Secondo la legge elettorale previgente, invece, il sistema dei collegi uninominali era previsto solo per la Valle d’Aosta e non era computato né ai fini dello sbarramento, né ai fini della determinazione del premio di maggioranza.


Sistema elettorale del Senato.

Sistema proporzionale puro, con una soglia su base regionale dell’8% per le coalizioni o i partiti che corrono da soli, e del 3% per i partiti all’interno delle coalizioni.

È prevista la preferenza unica.

Ogni collegio ha ampiezza regionale, anche nelle Regioni con maggiore popolazione.

Anche questo sistema è frutto di un arresto della Corte Costituzionale, infatti è la conseguenza della sentenza della Consulta n 1 del 2014 (sistema definito nel linguaggio giornalistico Consultellum proprio perché scritto dai 15 giudici costituzionali) che dichiarò illegittimi alcuni punti della legge 270/2005 cd. Porcellum lasciandone in vita altri che sono ancora oggi in vigore.

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